Il 19 novembre si celebra il coraggio e la creatività delle donne che costruiscono il proprio futuro
Il 19 novembre si celebra in Italia la Giornata Mondiale dell’Imprenditoria Femminile, un momento dedicato a tutte le donne che hanno deciso di mettersi in gioco costruendo un’impresa, piccola o grande che sia. Una data nata per riconoscere il loro contributo all’economia, alla cultura e al cambiamento sociale, ma anche per riflettere su quanto ancora resta da fare.
Secondo gli ultimi dati di Unioncamere, in Italia sono attive oltre 1,3 milioni di imprese femminili, pari al 22,2% del totale nazionale. Un numero che racconta la forza di un movimento ancora in crescita, ma anche le difficoltà di un sistema che deve evolversi per sostenere la partecipazione delle donne alla vita economica del Paese.
ISTAT conferma che le donne rappresentano oggi quasi il 30% degli imprenditori italiani, un segnale di resilienza e di rinnovamento che attraversa tutti i settori, dall’artigianato alle startup innovative.
Oggi più che mai, fare impresa al femminile non significa solo creare valore economico: significa trasformare la società, portando avanti nuovi modelli di leadership, di equilibrio tra vita e lavoro e di inclusione.
Dalle pioniere alle imprenditrici di oggi
Fare impresa in Italia, se sei donna, è una sfida che porta con sé entusiasmo e ostacoli. Già nei primi del ’900 una donna aveva avuto il coraggio di cambiare le regole dell’imprenditoria diventando un punto di riferimento per le donne imprenditrici.
Luisa Spagnoli, nata a Perugia nel 1877, trasformò una piccola drogheria in un’impresa destinata a fare la storia. Nel 1907 divenne socia della Perugina e, durante la Prima Guerra Mondiale, ne assunse la guida innovando prodotti e processi. Nel 1922 la sua intuizione di mescolare scarti di nocciole e cioccolato diede vita al celebre Bacio Perugina, presto divenuto simbolo d’amore e di impresa italiana. Non si fermò al cioccolato: fondò anche un allevamento di conigli d’angora e creò l’azienda di moda Luisa Spagnoli, ancora oggi sinonimo di eleganza.
La sua visione era innovativa non solo nei prodotti, ma anche nella gestione delle persone. Intuì, in tempi in cui le operaie erano considerate forza lavoro da sfruttare e nulla più, che un’impresa cresce se crescono le persone che ci lavorano dentro. Nelle sue fabbriche introdusse mense aziendali per garantire pasti caldi, spazi ricreativi per favorire la socialità e un asilo nido interno: un’idea rivoluzionaria negli Anni Venti, quando conciliare lavoro e famiglia era un problema lasciato interamente sulle spalle delle donne.
Perché è ancora così difficile fare impresa se sei donna?
Essere un’imprenditrice in Italia, significa affrontare una sfida che va oltre il mercato. Le difficoltà non si limitano all’accesso al credito o alla conciliazione tra vita privata e lavoro, ma riguardano anche reti di contatti più ristrette, che rendono più difficile entrare in quei circuiti professionali dove nascono collaborazioni e opportunità.
Persistono poi preconcetti culturali che, ancora oggi, portano a percepire una donna imprenditrice come meno credibile o stabile di un uomo, influenzando i rapporti con banche, fornitori e clienti. La scarsa rappresentanza ai vertici aziendali riduce la possibilità di incidere sulle decisioni strategiche, mentre il minor accesso alla formazione tecnologica e finanziaria alimenta il divario digitale.
A tutto questo si aggiunge il cosiddetto carico mentale invisibile: la gestione quotidiana della famiglia, dei figli o dei genitori, che molte imprenditrici continuano a sostenere in prima persona. Un impegno silenzioso che sottrae tempo ed energie, ma che non spegne la loro determinazione nel portare avanti il proprio progetto.
Verso una nuova narrazione dell’imprenditoria femminile
L’imprenditoria femminile ha bisogno non solo di fondi, formazione e reti di sostegno, ma soprattutto di un linguaggio nuovo. Per anni si è parlato di donne coraggiose come se fare impresa fosse un atto eccezionale, mentre oggi è, o dovrebbe essere, una possibilità normale, accessibile, sostenuta.
Dietro ogni impresa guidata da una donna non c’è solo un modello economico, ma un modo diverso di pensare il lavoro: più circolare, più collaborativo, più attento all’impatto sociale. Un modello che non oppone forza e sensibilità, ma li intreccia, ridefinendo il significato stesso di successo.
Come orientarsi tra bandi e opportunità: gli strumenti giusti per iniziare
Per orientarsi tra bandi e sigle, è utile partire da tre riferimenti ufficiali: Invitalia, che gestisce incentivi come il Fondo Impresa Femminile, Smart&Start Italia e ON – Oltre Nuove Imprese a Tasso Zero; il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), che pubblica decreti e aggiornamenti sui fondi disponibili; e il portale di Unioncamere e delle Camere di Commercio locali, dove si trovano bandi territoriali e servizi di orientamento per le imprenditrici.
Informarsi è il primo passo, ma non l’unico: per costruire un’impresa solida servono consapevolezza, rete e coraggio. Cercare il proprio perché, capire quale problema si vuole risolvere, chiedere aiuto a mentor o community e raccontare la propria storia sono azioni che trasformano un’idea in un progetto reale. Non bisogna aspettare di essere pronte al cento per cento: l’esperienza arriva solo facendo. Perché, alla fine, ogni impresa femminile nasce così, da un’intuizione, una scelta e la determinazione di non fermarsi.



