Shopping, dati e fiducia nell’era dell’IA: il ruolo di privacy e consenso nel 2026

Cinque previsioni per il nuovo anno secondo Tilman Harmeling, Staff Strategy & Market Intelligence di Usercentrics

Dagli agenti di shopping alle nuove regole di tutela digitale, la privacy diventa leva strategica per governare dati, intelligenza artificiale e relazioni con i consumatori.

Nel 2026 emergeranno nuove abitudini di acquisto, aspettative più alte sulla protezione dei dati e una diversa idea di fiducia verso piattaforme e tecnologie, soprattutto tra i più giovani.
Specialmente in Italia, tradizionalmente molto sensibile ai temi della privacy, la gestione dei dati diventerà un criterio ancora più esplicito di scelta: influenzerà i brand a cui affidarsi, i servizi digitali da usare e persino i contenuti con cui interagire ogni giorno.

In questo scenario, secondo Usercentrics, leader europeo nelle tecnologie per la privacy, le aziende saranno chiamate a coniugare creatività, semplicità d’uso ed etica dei dati, trasformando l’IA da semplice promessa di efficienza a leva strategica per costruire relazioni più consapevoli, trasparenti e durature.

Agentic Shopping: dalla comodità al pensiero critico
Entro il 2026, gli agenti di shopping basati sull’intelligenza artificiale renderanno la “shopping fatigue” un ricordo. I consumatori dovranno solo impostare preferenze, budget e stili, lasciando che siano gli assistenti digitali a occuparsi degli acquisti. Con l’arrivo della Generative Engine Optimization (GEO), che permetterà ai brand di ottimizzare il modo in cui i propri prodotti vengono posizionati nelle raccomandazioni generate dall’IA, la fiducia diventerà il nuovo terreno di scontro. Le persone inizieranno a chiedersi se il proprio agente sia davvero imparziale o “ottimizzato” a favore di qualcuno. In un contesto di crescente consapevolezza da parte dei consumatori, la competenza umana e la credibilità dei brand diventeranno leve sempre più decisive. A emergere non saranno le aziende che puntano a forzare gli algoritmi, ma quelle capaci di costruire e mantenere una fiducia autentica.

Il paradosso della privacy si accentua: la comodità supera la cautela
Il paradosso della privacy definirà il 2026: le persone non si fideranno pienamente dell’IA, ma la useranno quasi per tutto. Dalle consulenze mediche ai consigli per gli investimenti, gli utenti condivideranno più dati personali e sensibili che mai, accettando consapevolmente di sacrificare parte della propria privacy in cambio di maggiore comodità. Per i marketer questo significa progettare esperienze fluide e allo stesso tempo trasparenti, dimostrando che protezione dei dati e semplicità d’uso possono coesistere. La sfida sarà rendere la privacy intuitiva, non invisibile. Le aziende che ci riusciranno faranno percepire alle persone di avere sempre il pieno controllo dei propri dati, senza rinunciare alla semplicità dell’esperienza.

L’era della tutela digitale: leggi più rigide, ragazzi più competenti
I più giovani saranno al centro di una nuova era di tutela digitale. I governi stanno inasprendo le norme sulla verifica dell’età online e la prima ondata di soluzioni, dai controlli dei documenti agli scan facciali, ridefinirà il modo in cui i più giovani accedono a internet. Questi strumenti, però, avranno anche un impatto sulla UX, generando frustrazione per utenti e piattaforme. Come prevedibile, gli adolescenti più esperti cercheranno vie di fuga, ricorrendo a VPN e identità digitali alternative per aggirare le restrizioni locali. Si affermeranno invece sistemi di verifica poco invasivi e rispettosi della privacy. I brand che si rivolgono a un pubblico giovane dovranno progettare con empatia, bilanciando sicurezza, libertà ed esperienza d’uso.

Il reboot della UX: vincono divertimento, semplicità e coinvolgimento
Con il passaggio dalla ricerca tradizionale all’IA conversazionale, i siti web statici rischiano di perdere rilevanza. Il futuro premierà esperienze digitali divertenti, interattive e coinvolgenti, capaci di offrire ciò che le sole interfacce di IA non riescono a dare. Quiz, calcolatori, configuratori e strumenti di zero-party data manterranno gli utenti attivi, invitandoli a esplorare, interagire e condividere. Ricerche di Adobe mostrano già come le persone scelgano l’IA perché la percepiscono più semplice e piacevole della ricerca tradizionale; entro il 2026 questa aspettativa si estenderà a ogni touchpoint digitale. Le aziende dovranno quindi ripensare i propri siti non più come semplici hub informativi, ma come veri e propri motori di engagement: nel 2026 sarà la capacità di generare un’esperienza memorabile a generare anche valore e dati.

Il dividendo della fiducia: l’etica dei dati diventa strategia di brand
Entro il 2026 la privacy non sarà più solo una voce di compliance, ma un pilastro della brand identity. I consumatori sanno che gli strumenti di intelligenza artificiale “gratuiti” hanno un costo nascosto: i loro dati. Con l’aumento di questa consapevolezza, la fiducia diventerà il vero fattore distintivo. I brand di maggior successo tratteranno i dati non come una commodity, ma come un patto con le persone: spiegando in modo chiaro come vengono raccolti, utilizzati e protetti. La privacy passerà dalle note legali in fondo pagina al centro dei messaggi di marketing. In un’epoca di automazione e scarsa trasparenza, i brand percepiti come più umani saranno anche quelli di maggior valore.

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