Effettuare un reso oggi è una prassi normalissima ma ci sono importanti conseguenze sul piano economico, gestionale e ambientale da non sottovalutare. L’innovazione tecnologica porta con sé soluzioni efficaci per ridurre la percentuale di reso. Vediamo insieme a Giulia Cuccu di Intergic quali sono.
Negli ultimi anni gli e-commerce fashion sono cresciuti in maniera esponenziale: brand conosciuti certo, ma anche piccoli commercianti di nicchia hanno fatto investimenti massicci per ottimizzare il loro e-commerce nell’ottica di raggiungere un pubblico il più ampio possibile e di conseguenza aumentare le vendite.
Accanto alla battaglia per il prezzo più basso e l’offerta più accattivante, si scorge l’ultima e, se vogliamo, la più importante, quella del reso gratuito. Secondo The Journal of Marketing, chi offre questo servizio aumenta le proprie vendite del 457%. Sapere di poter restituire quanto acquistato è un fattore determinante per l’acquisto. Ma non è tutto oro quello che luccica.
Prima di tutto è necessario avere personale destinato alla gestione della procedura di reso, tenendo a mente che quel prodotto dovrà essere nuovamente rimesso in vendita o ritirato dall’inventario.
Il drastico aumento del numero dei resi per un e-commerce equivale poi sul lungo termine a danni e perdite: secondo Statista, nel 2020 la cifra che i proprietari di e-commerce dovranno sostenere per far fronte al problema dei resi sarà pari a 490 miliardi di euro. L’Italia non è da meno, trovandosi al quarto posto in Europa con il 43% di clienti online che ha restituito almeno un prodotto nel 2018 – abbigliamento e accessori sono al primo posto con l’11%.
I motivi? Nell’80% dei casi si tratta di taglie errate – non esistono misure standard per tutti i merchant, e quella t-shirt che potrebbe essere una S su Zara, per H&M è invece una M -, seguiti da articoli difettosi o danneggiati senza poi considerare quelli che cambiano perché si sono resi conto che la descrizione online non rifletteva le caratteristiche effettive del prodotto acquistato.
Statistiche dimostrano come questo numero andrà ad aumentare se non si interviene tempestivamente nel trovare una soluzione efficace e duratura.
Il problema legato alle vendite non è però l’unico a destare l’attenzione e a portarci a riflettere. I resi hanno un costo elevato anche in termini di sostenibilità, in prima battuta trasporto e imballaggi.
Il trasporto infatti è la prima causa di emissione di gas serra nell’atmosfera, superando le centrali di energia.
Per quanto riguarda invece gli imballaggi, basta pensare al quantitativo di scatole e involucri di plastica per ogni ordine ricevuto e all’equivalente necessario per rimandarlo indietro – con conseguenze non indifferenti sulla quantità sempre maggiore di rifiuti nelle città.
Ma una soluzione per ridurre il numero dei resi c’è – si chiama MySizeID, una tecnologia made in Tel Aviv per la misurazione estremamente precisa e accurata della propria taglia: si basa infatti sui sensori di movimento dello smartphone, senza utilizzare la fotocamera.
Innovativa e fresca, My Size potrebbe avere un ruolo determinante nel ridurre la percentuale di resi effettuati, causati da taglia e misure errate: il software si sincronizza direttamente con le tabelle del merchant tramite widget plug and play.
Come funziona davvero ce lo mostrano direttamente in un video a questo link. In pochissimi minuti è possibile definire le proprie misure corporee e utilizzarle per ogni merchant che integra la tecnologia. Semplice, intuitiva, divertente e anche sostenibile, in quanto contribuisce a ridurre l’impatto ambientale dei resi. A ridursi è naturalmente anche lo stress, sia per il cliente, che può acquistare senza quel timore costante che la nuova maglietta che ha comprato potrebbe essere o troppo grande o troppo piccola, che per il merchant, che può riallocare energie e denaro altrove, e vedere al tempo stesso un boost nelle vendite – in media infatti grazie a My Size è possibile vedere un aumento del conversion rate fino al 9% e ottenere un numero di ordini fino a 5 volte in più in soli tre mesi.