Social Selling: il futuro tra dirette, VR e ramificazioni

Il recente annuncio di Facebook di estendere gli Shops a WhatsApp è un chiaro segnale di vivacità ed effervescenza dello shopping sui social, un trend accelerato dalla pandemia e dal quale sarà impossibile tornare indietro 

Di Angelo De Caro, CEO di Based 

Le abitudini di consumo e le modalità di shopping sono cambiate nel corso degli ultimi anni e la pandemia e il lockdown non hanno fatto altro che accelerare questo processo, accentuando ancor di più la rilevanza della dimensione digital e social nella nostra quotidianità. Sempre più, infatti, come consumatori ci affidiamo alle piattaforme social non solo per mantenere una relazione con la nostra cerchia, sia essa di amici o professionale, ma soprattutto per entrare in contatto con aziende e prodotti che ci interessano ed eventualmente compiere acquisti. È la sfida che la pandemia ha lanciato a noi operatori: traghettare questo cambiamento trovando nuove idee e risposte che sappiano conciliare le esigenze dei clienti con i desideri dei consumatori, in un contesto in cui il nostro stile di vita è profondamente mutato e dal quale nemmeno il progressivo ritorno alla normalità ci farà tornare indietro. 

A testimoniarlo sono anche le numerose azioni che i grandi colossi social stanno attuando: Facebook ha recentemente annunciato di voler estendere gli Shops all’interno di WhatsApp e di rafforzare le funzionalità di vendita nella sua “famiglia di app”, con l’obiettivo di sostenere la crescita del social selling e arrivare al checkout diretto. Innovazioni sul modello cinese – WeChat già da anni contempla feature di shopping al suo interno – motivate dai desideri dei consumatori: 1 acquirente su 3, infatti, pianifica di passare meno tempo in negozio una volta che la pandemia sarà finita, mentre 3 su 4 traggono ispirazione direttamente da piattaforme come Facebook e Instagram per i propri acquisti, spiega uno studio della società. 

Un netto cambio di prospettiva che ha generato percorsi di acquisto ugualmente complessi e con strutture di funnel simili a quelle tradizionali, dove però l’esperienza di prodotto è diventata esclusivamente digitale, obbligando i brand a relazionarsi al loro pubblico senza far ricorso al drive to store. Per guidare questo cambiamento dobbiamo però fare un passo indietro e riconoscere un errore di valutazione: siamo noi addetti ai lavori ad aver creato una frattura nella relazione del consumatore con i mezzi pubblicitari, una frattura che tuttavia non esiste. Il consumatore medio non avverte questa settorializzazione on-offline. Non è mai esistita nella sua esperienza. Questo deve farci capire che ogni touchpoint di relazione brand-consumatore deve consentire un percorso fluido e in linea con le aspettative, sia esso fisico, digitale. In questo scenario, i brand sono consapevoli che le priorità sono: trasformazione digitale, credibilità e trasparenza. Territori in cui gli influencer stanno giocando un ruolo chiave, che ha rilanciato il loro posizionamento spostandoli anche sulla parte bassa del funnel. 

Il Social Selling 

Il Social Selling può aiutare i brand a rispondere alle esigenze dei consumatori, semplificando il processo d’acquisto grazie al prezioso supporto della tecnologia. Il Social Live Shopping è una alternativa molto più attuale delle televendite – oltre che più accessibili in termini di costi – ma senza una infrastruttura che la connetta dinamicamente all’ecommerce del brand resta un’attività confinata alla parte alta del funnel. In Based, agenzia specializzata che guido e ho fondato nel 2006, le abbiamo indirizzate verso il drive to sale grazie ad una soluzione ad hoc che permette di salvare i prodotti che si visualizzano durante il live in una wishlist consultabile su un minisito realizzato ad hoc. Terminato il live si possono finalizzare gli acquisti. La scommessa ha funzionato grazie anche all’uso strategico di influencer e continueremo su questa strada nei prossimi mesi, convinti che non si tornerà più indietro. 

Proprio gli influencer risultano sempre più rilevanti per amplificare questa tipologia di attività. L’incremento degli acquisti online di beni di prima necessità e delle altre categorie (pharma e beauty in primis, ma anche abbigliamento), unito a un aumento drastico della fruizione dei social network, ha reso il consumatore di oggi più abile nel cercare soluzioni full-digital ma allo stesso tempo ha imposto la necessità di instaurare un rapporto di fiducia che possa supplire alla mancanza di un’esperienza «tattile» con il prodotto. Ed è questo bisogno di fiducia e credibilità ad aver fatto crescere enormemente il ruolo ed il peso degli influencer nel processo di acquisto spostando la loro “funzione” dalla parte alta del funnel (brand awareness) alla parte bassa (conversion), dalle vanity metrics alla capacità di generare vendite e lead. 

Uno sguardo al futuro 

La pandemia ha creato nuove abitudini di consumo, dove il digitale gioca un ruolo da protagonista. Se posso ascoltare una persona esperta, provarmi il prodotto con una certa facilità, acquistarlo e riceverlo a casa in pochi click, allora non c’è motivo per muoversi e recarmi nel retail fisico. Per questo ci saranno sempre più soluzioni sia proprietarie dei social che after-market affinché questa esperienza sia sempre più realistica e per i brand diverrà fondamentale presenziare questo prezioso canale di vendita diretta. 

Lato consumatori, specialmente per i settori raccontati, nasceranno e sono già nate soluzioni di AR per provare il prodotto, tattiche di fidelizzazione su modello gamification, presentazione dei prodotti attraverso il coinvolgimento di persone riconosciute nell’ambito. Non è un caso, infatti, che anche con la riapertura dei retailer fisici, 2 consumatori su 3 affermino di voler continuare a provare i prodotti da casa propria utilizzando la realtà virtuale. 

Un desiderio chiaro che ci stimola a costruire e garantire esperienze sempre più personalizzate e senza soluzione di continuità. 

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