Essere donna e manager nel settore dell’agroindustria? Niente di strano

Alessandra Lazzari, 40 anni ancora da compiere, è diventata la responsabile del centro di Casalmorano di Syngenta, punto di riferimento per la produzione delle sementi di mais nell’area mediterranea. La sua storia è la dimostrazione che le donne possono farsi largo tra i Food Makers e che il talento non conosce genere. “Umiltà e ascolto gli ingredienti essenziali”.

Ancora oggi nella società italiana dobbiamo fare i conti con luoghi comuni e pregiudizi secondo cui le donne non sarebbero portate per le cosiddette discipline STEM (science, technology, engineering and mathematics). Per non parlare del settore agricolo, che è anch’esso associato a una presenza quasi esclusivamente maschile.

Per fortuna qualcosa sta cambiando. Sempre più ragazze si iscrivono a ingegneria o ad altre facoltà scientifiche. La maggior parte dei posti di rilievo nelle aziende sono ancora occupati da uomini, è vero, ma sempre più spesso i talenti femminili riescono a emergere, fino a raggiungere anche ruoli manageriali. Come nel caso di Alessandra Lazzari, classe 1982, che è responsabile della produzione di uno dei siti più importanti di Syngenta Italia, quello di Casalmorano (in provincia di Cremona).

Alessandra, innanzitutto ripercorriamo in breve il tuo percorso accademico e lavorativo.

“Mi sono laureata in ingegneria gestionale al Politecnico di Milano, specializzandomi in Manufacturing and Management. Dopo la laurea avevo voglia di mettermi in gioco all’interno di una multinazionale e nel gennaio del 2011 ho cominciato a lavorare per Syngenta. In questi 11 anni ho ricoperto diversi ruoli, sempre nell’ambito Production and Supply, sia presso il sito di Casalmorano, il cui business principale è focalizzato sulle sementi di mais, sia presso quello di Argelato (a pochi chilometri da Bologna) che è incentrato soprattutto sul grano duro. Dall’aprile 2021 sono responsabile del sito produttivo di Casalmorano”.

In che cosa consiste più nel dettaglio il tuo ruolo attuale?

“Il mio compito, in primis, è quello di assicurare che tutte le attività all’interno del sito siano svolte in totale sicurezza, in linea con gli standard aziendali e di legge. Ogni giorno ci impegniamo affinché i prodotti che realizziamo rispondano in pieno alle esigenze del cliente in termini di qualità. I semi che confezioniamo non sono destinati solo al mercato italiano ma vengono distribuiti in tutto il bacino mediterraneo”.

Perché hai deciso di intraprendere questa strada?

“Già prima di iscrivermi all’università, ho sempre preferito le materie scientifiche a quelle umanistiche. E poi a me piace molto il ‘lato pratico’, cioè analizzare i  processi operativi e capire insieme a colleghi ed esperti come poterli migliorare”.

Il fatto di essere donna ti ha mai fatto sentire una “mosca bianca” all’università o in ambito lavorativo?

“In realtà, all’università la presenza femminile era piuttosto marcata: chiaramente non eravamo in maggioranza, ma ho avuto diverse colleghe nel mio corso. Anche sul lavoro, non ho mai avuto difficoltà. Certo, la sfida più grande è sempre stata dimostrare il mio valore e far vedere che una giovane neolaureata è in grado di occupare un ruolo che è sempre stato ricoperto da figure maschili. E per conquistare la fiducia occorre lavorare sodo, essere disposti ad ascoltare sempre chi ha più esperienza e non pensare mai di avere la verità in tasca”.

Nel corso degli anni ti è capitato di riflettere sul fatto che magari rispetto a un collega maschio avresti dovuto lottare un po’ di più e dare il 110%?

“Sicuramente. La consapevolezza di essere in un ambiente considerato maschile ti stimola proprio a dare il 110%, come dici tu. La sensazione, diffusa tra molte donne, è quella di partire da un livello un po’ più basso. Fortunatamente, nella mia carriera lavorativa non ho mai incontrato qualcuno che mi abbia fatto pesare il fatto di essere donna in certi ruoli”.

Il punto di vista femminile può costituire un valore aggiunto anche nel settore agricolo?

“Devo dire che il fatto di essere mamma di due bimbe mi ha portato ad avere un particolare approccio nel risolvere i problemi e nell’affrontare le sfide anche nel contesto lavorativo. Ti insegna ad essere preparati con un piano B, un piano C, un piano D. Si cerca di programmare tutto nel migliore dei modi, ma al contempo bisogna essere sempre pronti a reagire di fronte agli imprevisti. E poi l’essere donna non significa per forza rompere gli schemi. Se mai, significa integrarsi in un gruppo di lavoro, confrontarsi con colleghi, team, interlocutori che hanno differenti background e adattarsi in base alle varie situazioni”.

Che cosa ti sentiresti di consigliare a una studentessa che magari vorrebbe seguire un percorso come il tuo e ambire a un ruolo apicale, nell’AgriFoodTech ma non solo?

“Non perdersi d’animo. Abbiamo fatto tutti la gavetta. Quando si è giovani, si pensa di spaccare il mondo, ma di fronte ai primi problemi e alle prime complessità il rischio è quello di scoraggiarsi. Invece è proprio in questi momenti che bisogna tenere duro e farsi valere. Per fortuna ci sono realtà – anche in Italia, non per forza all’estero – dove i giovani talenti possono crescere ed emergere, fino ad arrivare a coprire ruoli di responsabilità importanti”.

Progetti in cantiere?

“Tantissimi. Tra i filoni più importanti c’è sicuramente quello legato alla digitalizzazione e allo sviluppo di nuove tecnologie. La domanda che ci poniamo sempre è: come possiamo migliorare? Da parecchi anni ormai l’azienda impegna tempo e risorse nel programma di sostenibilità. La sfida più grande rimane quella di incrementare la produttività proteggendo allo stesso tempo l’ambiente in cui viviamo. E la tecnologia è uno dei nostri alleati più preziosi”.

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